I retroscena nel Bosforo
Sul colpo di Stato emergono retroscena meritevoli di essere messi a fuoco. A partire dal riavvicinamento di Ankara verso Assad e anche verso Mosca. “Il golpe è stato tentato nella notte tra il 15 e il 16 luglio", inizia da qui la ricostruzione dei fatti del giornalista Gianluca Savoini, "tre giorni prima, il 12, il primo ministro turco aveva annunciato l’intenzione di riallacciare i rapporti con Damasco, visto che in Siria, grazie alla Russia, si sta avvicinando la fine dell’Isis. Dichiarazioni che di certo hanno fatto imbestialire chi vede nel regime di Assad un male assoluto, peggio dell’Isis stesso. A partire dagli americani, per esempio”.
“Il 14 luglio", prosegue il giornalista, "due esponenti del Cremlino si trovavano ad Ankara; uno di loro ha anche rilasciato, in conferenza stampa, dichiarazioni sulla necessità di riallacciare i rapporto Russia-Turchia. 24 ore più tardi, guarda caso, arriva il colpo di stato”. Ma in quelle ore incandescenti le cose non sono andate esattamente come riportato da molti media italiani ed europei.
“È interessante sapere", ci racconta Savoini, "che in realtà il leader turco stava per riparare in Qatar, non in Germania. Inoltre, secondo fonti dell’intelligence irachena, riportate dal giornale libanese Al Arab Post, Erdogan ha ricevuto una telefonata dal governo dell’Iran, che gli consigliava di restare in Turchia, garantendogli che i musulmani sciiti, filo iraniani, sarebbero scesi in piazza per sostenerlo contro i golpisti militari. Militari non solo amici del filo-americano Gulen, ma anche appoggiati evidentemente da forze atlantiste”. Un quadro dei fatti che proietta nel futuro uno scenario internazionale ben diverso da quello attuale.
“Non essendo riusciti a ripetere con Erdogan l’operazione Gheddafi", conclude Savoini, "si aprono sviluppi potenzialmente sconvolgenti. Ci sono già alcuni falchi sostenitori di Erdogan, per esempio, che chiedono di uscire dalla NATO. Una situazione del genere darebbe un colpo definitivo agli equilibri geopolitici per come li abbiamo conosciuti in questi ultimi 15 anni, dopo l’11 settembre. Si apre un’altra storia, lontana dall’ordine unipolare voluto finora dagli Stati Uniti”.
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